Editoriale di
Sâa François Farafín Sandouno
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Una volta arrivati in Occidente, gli Africani emigrati conosceranno l’inferno.
Si assiste sul suolo europeo da un paio di anni, a quella che viene definita «ondata migratoria» dal media mainstream occidentale. Terminologia che troppo spesso manipolata dalle diverse forze partitocratiche dette «populiste» o «nazionaliste». Questi partiti sono in una chiave di lettura che consiste ad opporsi in modo caricaturale ad un male evidente, malgrado non lo si voglia affrontare, piuttosto che opporsi e trovare un punto di soluzione, dinnanzi alle cause di cui sono direttamente o indirettamente responsabili. L’Africa continentale non ha mai ottenuto una vera e propria indipendenza che le permettesse di prendere in mano il proprio destino nel suo paradigma singolare.
Parliamo di un continente policentrico tutt’oggi asfissiato da deleterie politiche interne che, attraverso una certa endogamia incestuosa sul campo politico-economico, con la classe dirigente oligarchica occidentale, a sua volta subordinata alle forze globaliste, non permettono all’Africa di progredire ed autodeterminarsi. Addizionando molteplici realtà, si giunge al problema migratorio che svilupperò in diversi punti.
1. Quando si abborda il tema dell’immigrazione, non si prende mai in considerazione che l’80% dell’immigrazione africana è intra-continentale. La maggioranza degli Africani preferisce emigrare all’interno del continente, nei vari paesi limitrofi africani, piuttosto che emigrare all’estero. Il mito della propaganda benpensante caucasoide e goscista che consiste ad affermare che gl’«infelici» Africani non hanno niente a casa loro, o fuggono dalla guerra, e quindi costretti ad emigrare altrove, piuttosto che nel proprio rifugio civilizzazionale africano, è una menzogna patentata. Un mito da decostruire è soprattutto quello dell’asserzione da parte delle forze gosciste e liberali che consiste ad affermare che tutta l’Africa è in guerra. L’unica guerra a cui si trova confrontato il continente africano è quella delle forze mondialiste talassocratiche, che per poter applicare la regola geopolitica del «dividi et impera», cerca di esacerbare conflitti inter-etnici, frazionando coloro che vivono in armonia a casa loro. Non si sta parlando di una guerra o una avversità volontaria e innata tra le diverse etnie. Si tratta di una manipolazione politica ben programmata e strutturata. Interessante a supporto di ciò che, il 10 Settembre 1921, il leader spirituale congolese Simon Kimbangu (considerato oggi come un profeta per l’Uomo Nero) affermava in una sua profezia: “I primi governanti dell’Africa nera libera, guideranno su consiglio dell’Occidente (ndt. le forze mondialiste), le rispettive popolazioni in guerre omicide in cui si uccideranno a vicenda affinché la miseri inizi. Di conseguenza, molti giovani potrebbero lasciare l’Africa nella speranza di cercare il benessere dei paesi occidentali:”. Il vero problema è chi vuole fomentare guerre e situazioni d’indigenza per svuotare l’Africa. L’immigrazione è prima di tutto un problema africano, perché nessuna civiltà progredisce senza la sua forza viva. È la base che bisogna denunciare, non la naturale conseguenza. Inoltre, l’idea che l’unica meta per gli Africani è l’Occidente, è un pensiero che fa comodo tanto al pensiero unico neoliberale di Sinistra quanto alla Destra neoliberista.
Per tornare alla questione delle migrazioni intracontinetali, esistono 4 poli ove gli Africani hanno tendenza ad emigrare, per quanto riguarda l’Africa nera: Il Senegal (considerato come la capitale dell’Africa occidentale), la Costa d’Avorio (dove statisticamente, il flusso proviene da Mali, Burkina Faso e Guinea), la Nigeria (perlopiù da Ghana, Niger e Benin) e il Sudafrica (perlopiù dai vari paesi dell’Africa centrale). Le migrazioni interne sono molto presenti in Africa ed è un punto fondamentale da sottolineare quando si abborda l’argomento.
2. Nessun Popolo vorrebbe separarsi dalle sue radici, dalla sua Patria, dalla sua Famiglia, dalla sua Identità e dalla terra natia. È evidente che oltre ad un emigrazione continentale «endoversale» (interna, se vogliamo usare un neologismo), esiste anche quella «esoversale» (esterna) al continente africano, che è quella più visibile. Ma se esiste un’emigrazione esoversale, con le cifre che si vedono negli ultimi tempi, è evidente che questa è fomentata. Il primo responsabile di questa epistassi talassica (cioè marittima) e deregolamentata, va identificato nella classe politica africana che non è in grado di applicare politiche sociali e sovraniste che siano in armonia con le masse popolari africane. Allo stesso tempo, c’è un saccheggio smisurato delle materie prime africane, da parte delle multinazionali occidentali capitalistiche e un’asfissia della sovranità africana che impedisce ogni forma di progresso. Il malgoverno, la corruzione endemica, la mancanza di giustizia sociale, il divario astronomico tra classi, la presenza del neocolonialismo in tutte le sue forme, costituiscono un’essenza che addizionata, non può non essere affrontata se si vuole affrontare la questione migratoria talassica. La mancanza di una classe africana sovranista, che ha fatto della sua etica la subordinazione ai poteri esogeni, è la radice del problema.
3. Ci sono delle ONG occidentali talassocratiche che seguono l’agenda globalista, finanziate dal grande Capitale apolide, ONG pseudo-umanitarie che si servono del buonismo, la buona fede, per accentuare il processo di dumping salariale, piuttosto che aiutare gli Africani che emigrano, a radicarsi nelle loro terre e a resistere contro i mali dell’Africa (neocolonialismo occidentale e malgoverno africano). Coloro che sono guidano queste ONG globaliste, non hanno delle priorità per le popolazioni caucasoidi proletarizzate e precarizzate di cui occuparsi? Non si tratta in questo caso di negare il salvataggio in mare. Stiamo parlando di Umanità, e il salvataggio di ogni Essere Umano in quelle condizioni è imperativo. Ma bisognerebbe mettere il pathos da parte e interrogarsi su qual’è il motivo che spinge i salvatori Bianchi ad implicarsi in missioni che alla fine andranno a galvanizzare l’agenda dei capitalisti. Solitamente queste ONG sono le stesse che propugnano un’ideologia goscista e globalista, per cui dovremmo essere cittadini di un mondo unipolarizzato, senza riparo identitario e culturale. E’ contro questo pensiero nefasto che bisognerebbe opporsi.
4. Una volta arrivati in Occidente, gli Africani emigrati conosceranno l’inferno. Saranno abbandonati a sé stessi, senza diritti, iper-sfruttati, vivendo la negrofobia. Serviranno da nuova forza lavoro economica che sarà in concorrenza con gli indigeni occidentali. L’elite capitalista apolide, così facendo, punta a creare uno scontro di classe tra i diversi proletari Neri e Bianchi, ma anche uno scontro civilizzazionale, poiché la configurazione identitaria di civiltà di questi Popoli non è la medesima. Di conseguenza il multiculturalismo eccessivo, difeso dagli apostoli goscisti, diventerà, per riprendere una fraseologia di Kemi Seba, un multiconflittualismo. Ecco perché il proletariato italiano ed occidentale che soffre, deve cessare di attaccare le conseguenze. Deve piuttosto capire che abbiamo il medesimo problema e bisogna di conseguenza combattere gli aporofobi globalisti che vogliono seminare guerra tra poveri e sradicare dalla matrice d’Identità gli uni e gli altri.
Concludo con una frase di Kemi Seba:” Siamo d’accordo affinché l’emigrazione cessi (ndt. quella marittima, non quella normale che non pone alcun problema), ma è necessario che a partire da questo momento, la classe politica occidentale cessi di fare emigrazione delle nostre materie prime con la complicità delle nostre elite africane:”.
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