Questo scritto non si arroga il diritto di suggerire qualcosa al presidente del Consiglio (Giorgia Meloni) e nemmeno ai vicepresidenti Matteo Salvini ed Antonio Tajani. Ma solo riproporre a chi oggi governa l’Italia una viuzza per dare serenità a persone fisiche e giuridiche (ditte, srl, professionisti ed aziende varie). Di questo integratore capace di dare un aiutino agli italiani se ne discuteva anni orsono con gli avvocati (e parlamentari) Raffaele Costa ed Alfredo Biondi in merito al carico amministrativo, civile e penale (in una sola parola il “contenzioso”) che ha tolto la pace ed il sonno agli italiani tutti. Si versa questo inchiostro certi che Silvio Berlusconi conosca bene l’argomento e possa condividere questa battaglia con tutto il governo, raccogliendo consensi anche tra i renziani: non andiamo oltre, consci che Enrico Letta non capirebbe il problema, anzi reputi il “contenzioso” un strumento nell’esercizio di potere quotidianamente applicato da burocrazia e magistratura (con tacito consenso di certi sindacati).
Breve preambolo. Nell’Italia devastata da crisi, pandemie, guerra, disoccupazione, tasse ed obblighi vari (sia di natura regionale che europea) le entrate dei cittadini si sono ridotte al lumicino. Su queste ultime, più dell’ottanta per cento degli italiani ci carica l’impegno di dover accantonare un gruzzoletto per sanare liti col fisco, con le amministrazioni locali, con il condominio e con tanti vari soggetti per motivi più o meno temerari. Così il cittadino non solo ha perso il sonno ma, suo malgrado, non ha nemmeno a chi rivolgersi per liberarsi delle tante sanguisughe che lo prosciugano della linfa vitale e, soprattutto, ne abbassano speranze e capacità lavorativa. In questo clima la genialità italiana va a farsi benedire, e perché le preoccupazioni economiche prendono il sopravvento. La domanda ricorrente nel cervello della gente è “mi toglierò il problema fiscale, amministrativo e giudiziario dal groppone? Perché solo così potrò riprendere a sperare, ad inventarmi il lavoro”. Ed a chi dovrebbe il cittadino rivolgere quest’appello: ai burocrati ed ai magistrati o ai politici? Perché solo questi ultimi hanno di fatto in mano la bacchetta magica per far passare un provvedimento che alleggerisca la vita sia dei cittadini che degli uffici pubblici, ormai ridotti a sale d’aspetto del Purgatorio, dove quotidianamente s’assiste a liti ed urla tra utenza ed impiegati, sovente con intervento sedativo delle forze di polizia che (per obbligo dell’azione penale) denunciano all’autorità giudiziaria il cittadino infuriato. Uno spettacolo indecente, non degno d’un paese civile: forse in Messico e Venezuela è normale questo rapporto tra gente comune e potere statuale.
La Presidenza del Consiglio ha nel “Dipartimento Affari giuridici e legislativi” l’ufficio che studia il contenzioso e le consulenze giuridiche connesse. L’ufficio contenzioso intrattiene rapporti con la “Corte europea dei diritti dell’uomo”, quindi è al corrente di quanta gente annualmente si rivolga a corti superiori per liberarsi delle persecuzioni giudiziarie, amministrative e civili somministrate al cittadino comune. Non dimentichiamo che il servizio per il “contenzioso ordinario e amministrativo” sovrintende alle attività dei contenziosi nei giudizi civili, penali ed amministrativi. La stessa “Avvocatura dello Stato” potrebbe relazionare e documentare le vicende. Certamente la burocrazia potrebbe rispondere alla politica che il “Dipartimento Affari giuridici e legislativi” si può occupare solo delle liti tra Stato e cittadino, rimbalzando il problema e lasciando intendere che l’intero contenzioso che assilla i cittadini non debba riguardare la presidenza del Consiglio. Ma se un panettiere od un falegname finisse in rovina per colpa del sistema sarebbe cosa che non riguarderebbe il Governo? Anche perché l’ufficio si occupa con cura del contenzioso in materia di “responsabilità dei magistrati”, elaborando celermente con l’Avvocatura dello Stato (e con le amministrazioni interessate) ogni definizione transattiva per le controversie. Ecco che una norma che ponga fine alle liti tra cittadini e Stato sarebbe auspicabile, un sorta di super-prescrizione nel civile e nell’amministrativo (abominio per i professionisti della materia) che liberi i tribunali delle liti con importi inferiori a cento mila euro, ravvisando soluzioni transattive scontate ed immediate per gli importi superiori. Una pratica che libererebbe i cittadini, farebbe incassare soldi allo Stato ed interromperebbe il lavoro d’avvoltoio di alcuni studi legali, eliminando anche la corruzione di qualche funzionario che in privato potrebbe offrire scorciatoie al cittadino.
Basti pensare che il solo contenzioso legale in sanità costa quotidianamente allo Stato oltre cinquecento mila euro al giorno: Toscana, Sicilia e Calabria le regioni con gli esborsi maggiori per abitante. Dall’altra parte i cittadini italiani, che stando alle stime (forse imprecise) vedono sul proprio collo una ghigliottina per liti presso i tribunali civili che pare superi i dieci miliardi di euro. Se a questo peso aggiungessimo la macchina senza sosta della cartelle esattoriali, avremmo la spiegazione logica al perché gli italiani sognano di scappare, d’abbandonare il Belpaese. E non è certo una risposta sostenere che quotidianamente tanti cittadini extraeuropei aprono aziende e negozi in Italia: sappiamo bene che questi lavoratori comunque aprono un contenzioso con enti locali, Stato ed enti previdenziali, ma poi non lo sanano, anzi portano le risorse nei loro paesi d’origine (quotidianamente con le rimesse o saltuariamente con grandi spedizioni di contante). Giustizia, fisco ed amministrazioni varie rinunciano ad inseguire questa gente, anche perché l’Italia non ha potere per recuperare somme in paesi extra-Ue. Così il contenzioso rimane tutto sulle spalle degli italiani: valga l’esempio della “rottamazione delle partite Iva”, che vede ancora tantissimi cittadini (senza lavoro) inseguiti dall’Agenzia delle Entrate per contenziosi che lievitano annualmente.
Il contenzioso totale pare cresca, per interessi, more e spese legali varie di quasi duecento milioni d’euro al mese: l’Istituto Demoskopika, in base ai dati del “Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici”, ha analizzato sotto pandemia il problema, fotografandolo come una sorta di fantasma che insegue gli italiani più del debito pubblico.
L’ammontare delle spese legali per liti, contenzioso e sentenze sfavorevoli è consultabile nel sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, nato dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, Banca d’Italia ed l’Istat: la struttura era nata per rilevare telematicamente incassi e pagamenti per il sistema sanitario (la voce più importante per gli enti locali), ma oggi può dare idea più in generale dell’intero contenzioso delle pubbliche amministrazioni.
Di fatto l’intero contenzioso tra cittadini e cittadini, tra cittadini ed aziende e tra cittadini e Stato (ed anche enti locali) sta paralizzando i tribunali e tiene in sospeso milioni di vite umane. Nei tempi antichi, quando un re saliva al trono cercava di dimostrarsi magnanimo, offrendo il perdono ai sudditi. Perché a quest’ultimo rango è tornato il cittadino, prigioniero delle persecuzioni tributarie, giudiziarie ed amministrative. S’afferma tutto questo nella certezza che la politica non possa più risolvere i problemi lavorativi dei cittadini e tantomeno promettere loro che le aziende possano lavorare in deroga alle tantissime norme Ue. Ma un condono, un colpo di spugna, un tombale stop alle liti, rimetterebbe in moto l’economia. Del resto questi provvedimenti hanno caratterizzato tutti i governi in tempo di guerra. Quindi chi governa ha scuse bastevoli per tacitare ogni opposizione che considera il “contenzioso” un simulacro totemico da consegnare a chi verrà, e da lasciar a mo’ di macigno sulle spalle d’un popolo di schiavi. Del resto si passa alla storia anche con gesti magnanimi, e non solo costringendo la gente ad inutili sacrifici.
Ruggiero Capone
Pubblicato su L’Opinione delle Libertà