Editoriale dell’ Avv. Mario di Primio Contatto Cel +39 392 750 3057
Il 6 agosto l’entrata in vigore del green pass ci catapulterà in un nuovo paese,
caratterizzato da restrizioni e discriminazioni sociali senza precedenti, autentico
preludio a una stagione di limitazioni e divieti insensati quanto pericolosi per le sorti
della nostra democrazia, già traballante a causa delle misure governative
contraddittorie e illiberali attuate con il pretesto della pandemia.
Diventa pertanto necessario, quasi un obbligo civico, contrapporsi a queste misure nel segno della legalità, facendo ricorso agli strumenti di salvaguardia democratica che ancora permangono e che in questi anni di pandemia hanno consentito di sfidare e
spesso vincere anche davanti ai Tribunali di mezza Italia la tracotanza e la rigidità dei governi di emergenza sanitaria che si sono succeduti.
Anche il green pass infatti, cioè l’abnorme certificato vaccinale, in difetto del qualevengono negati diritti fondamentali protetti dalla Costituzione, come il diritto dicircolare liberamente e di partecipare alla vita sociale del paese, non fa eccezione e
soffre di lacune, contraddizioni e profili fortemente anticostituzionali, che ci forniscono importanti strumenti con cui difenderci anche nell’immediatezza e non necessariamente davanti ai Tribunali, continuando a vivere liberamente la nostra sfera privata e impedendo allo Stato di condizionarla, come vorrebbe
Lasciamo dunque all’inchiostro di valenti giuristi il compito di rilevare come le norme che disciplinano il Green Pass, formalmente ineccepibili perché introdotte con un
Decreto Legge ( e non con DPCM), violino oltre al dettato costituzionale varie
normative comunitarie, da ultimo lo stesso regolamento UE n.953/202 che vieta
qualsiasi discriminazione di chi ha deciso di non vaccinarsi e una pletora di convenzioni e accordi internazionali, che ormai tutti i frequentatori di questo sito hanno imparato a conoscere (la Convenzione di Oviedo, quella di Norimberga, gli accordi ONU e la Convenzione per la tutela dei diritti dell’uomo).
Per conto nostro è più utile e opportuno soffermarsi invece su taluni aspetti
estremamente pratici che riguardano i luoghi in cui principalmente esprimiamo la nostra socialità, invero bar e ristoranti.
Il decreto legge 23.7.2021 n. 105 preclude l’accesso dei non vaccinati ai ristoranti per consumo al tavolo al chiuso.
Questo vuol dire che chi rimane in piedi, ad esempio per consumare un caffè al banco , può entrare nell’esercizio, mentre nei ristoranti al chiuso si potrà accedere solo se muniti del certificato vaccinale.
La norma stabilisce poi che i titolari e gestori delle attività previa esibizione del Green
Pass sono tenuti a verificare che l’accesso ai locali avvenga nel rispetto delle
prescrizioni e punisce i trasgressori comminando la sanzione pecuniaria da € 400,00 fino a € 1.000,00 posta a carico sia dell’esercente che dell’utente. L’esercizio inoltre rischia la chiusura da 1 a 10 giorni se la violazione sia ripetuta tre volte in tre giornidiversi.
Detta norma in realtà è nei fatti inapplicabile: anzitutto corre l’obbligo di chiarire che solo il ristoratore e il gestore possono verificare se i clienti sono muniti di certificato
verde vaccinale, senza però poter raccogliere e conservare i dati vaccinali e i dati delle persone verificate, in quanto non sono titolari del trattamento dei dati sensibili, e non
vi è dubbio che i dati vaccinali sono dati sensibili.
Al contempo la normativa entrata in vigore non conferisce alcun potere di verifica alle forze di polizia che potranno solo chiedere gli esiti del controllo all’esercente: questi in
quanto non titolare del trattamento dei dati potrebbe anche non fornirli, affermando solo che tutti gli avventori sono in regola.
C’ è anzi chi ritiene che se detti dati fossero forniti, essendo dati sensibili, che solo il titolare del trattamento dati ( quindi la regione) può gestire, si rischierebbe di essere
sottoposti a processo penale ai sensi degli art. 41, 42 e 43 del D. Lgsl. n.51/2018 (
Legge sulla Privacy) con sanzioni particolarmente severe appunto per aver comunicato dati che non si possono conservare ma conoscere solo temporaneamente..
Le forze di polizia al contrario nemmeno possono effettuare alcuna verifica perché la legge attribuisce il potere di controllo solo ai ristoratori e ai gestori. Se insistessero commetterebbero abuso: quindi se vi chiedessero il certificato vaccinale non siete tenuti a produrlo. Ricordate sempre che chi entra nel ristorante senza certificato di avvenuta vaccinazione commette in ogni caso un illecito amministrativo non un reato.
Ma come reagire di fronte a un gestore che intende seguire rigorosamente le
indicazioni normative, per quanto illecite e illegittime?
Una prima possibilità è quella del boicottaggio da attuare con il passaparola, anche avvalendosi dei social, ma con estrema cautela, evitando di farsi prendere alla mano e di affermare cose inveritiere, che potrebbero esser fonte di guai giudiziari e di
risarcimenti danno.
Si potrebbe anche prender di petto il gestore o il ristoratore e invitarlo a condurre sul posto le forze dell’ordine, cosi da denunciare il titolare della attività per discriminazione nei confronti di chi non è vaccinato, o di chi non intenda esibire il certificato verde.
Ma forse è meglio avere un ristoratore complice piuttosto che nemico, tanto più perché non credo sia molto felice di essere stato investito di funzioni di polizia sanitaria, che
di fatto comportano nuovi costi dovuti all’addestramenti di personale qualificato.
A parer di chi scrive anzi il miglior contrasto a queste norme liberticide può aver luogo solo in una seria e organica alleanza tra le forze produttive del paese, vale a dire tra i dipendenti e le microimprese presso le quali lavorano.
Alla fine di questa breve carrellata credo si sia capito che il Green Pass può esser e contrastato in vario modo, soprattutto profittando delle normative governative poco coerenti e precise.
I suggerimenti forniti sono solo alcuni di quelli praticabili. L’importanta è sempre e comunque mettere a disagio i nostri avversari, non dimentichiamolo mai.
Avv. Mario di Primio