Editoriale di Stefano Becciolini
Oggi parliamo di una delle figure più emblematiche nella storia della lotta alla mafia in Italia, di cui domani, 3 settembre, ricorre il quarantaduesimo anniversario dell’omicidio: il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. La sua tragica morte, avvenuta il 3 settembre 1982 a Palermo, segna una ferita ancora aperta nella coscienza collettiva del Paese.
Dalla Chiesa, nominato Prefetto di Palermo solo pochi mesi prima, venne assassinato in un agguato mafioso insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro, e all’agente di scorta, Domenico Russo. I killer, appartenenti a Cosa Nostra, agirono su ordine dei vertici dell’organizzazione mafiosa, con Totò Riina come uno dei principali mandanti.
Ci sono però molte ombre che si allungano su questa vicenda: oltre alla responsabilità diretta della mafia, vi sono stati molti dubbi su un possibile coinvolgimento di rami deviati dello Stato. Alcuni settori corrotti delle istituzioni potrebbero aver contribuito a isolare Dalla Chiesa, riducendo l’efficacia della sua azione e lasciandolo vulnerabile. Questo sospetto si basa anche sulle stesse parole del Generale, che più volte aveva espresso il suo disappunto per la mancanza di poteri speciali e di supporto nel suo incarico a Palermo, dichiarando di essere stato mandato lì “con gli stessi poteri di un prefetto di Forlì”.
Ma chi era Carlo Alberto Dalla Chiesa e cosa lo aveva reso un bersaglio così pericoloso per la mafia? La sua carriera è costellata di successi contro alcune delle più grandi minacce per lo Stato italiano.
Fino dai primi anni, si distinse nella lotta contro il banditismo in Sicilia, per poi passare alla guida della Legione dei Carabinieri di Palermo dal 1966 al 1973. In questo periodo, introdusse nuove tecniche investigative che portarono alla cattura di boss mafiosi di primo piano come Luciano Liggio.
Negli anni settanta, Dalla Chiesa venne incaricato di combattere il terrorismo delle Brigate Rosse.
Un altro capitolo importante della sua carriera è stato il suo coinvolgimento nelle indagini sul caso della morte di Enrico Mattei, presidente dell’ENI, attraverso l’inchiesta sul rapimento e l’omicidio del giornalista Mauro De Mauro. De Mauro stava indagando sulle circostanze sospette dell’incidente aereo in cui Mattei perse la vita, un episodio che resta avvolto nel mistero e che coinvolgeva interessi internazionali e la mafia.
Carlo Alberto Dalla Chiesa ebbe anche un ruolo cruciale durante il rapimento del generale statunitense James Lee Dozier, avvenuto a Verona nel dicembre 1981 ad opera delle Brigate Rosse.
Ricordo che il Generale Dozier, all’epoca vice comandante delle forze NATO nel Sud Europa, venne rapito e tenuto prigioniero per 42 giorni. La sua liberazione avvenne il 28 gennaio 1982 grazie a un’operazione condotta dalle forze speciali italiane, il Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza della Polizia di Stato, ma il ruolo di Dalla Chiesa fu determinante nella preparazione e nel coordinamento dell’intervento.
Sulla liberazione del Generale statunitense e un possibile coinvolgimento della mafia nella sua liberazione come “aiuto esterno dalle Istituzioni”, voluto dal Pentagono statunitense e dalla CIA, e sul coinvolgimento inconsapevole del Generale Dalla Chiesa, si è discusso in varie indagini giornalistiche negli anni successivi.
Tra i giornalisti che hanno indagato sui rapporti tra Stato e mafia ci sono nomi come Giuseppe D’Avanzo, Attilio Bolzoni, Saverio Lodato e Enzo Biagi. Anche se non attribuiscono specificamente alla mafia un ruolo nella liberazione del generale americano, le loro inchieste hanno sollevato nella mente dei più attenti una simile ipotesi.
Il magistrato Ferdinando Imposimato, invece, ha effettivamente avanzato l’ipotesi di un coinvolgimento della mafia nella liberazione del generale americano. Imposimato era convinto che vi potessero essere state delle connessioni tra la mafia e lo Stato, che avrebbero facilitato la liberazione dell’alto ufficiale al fine di evitare un inasprimento delle azioni repressive da parte dello Stato italiano, che avrebbe potuto colpire duramente anche Cosa Nostra e Dalla Chiesa era un acerrimo nemico della Mafia.
Dalla Chiesa fu trasferito a Palermo il primo maggio del 1982 esattamente novantatré giorni dopo la liberazione del Generale statunitense.
Fu mandato nella tana della bestia senza poteri speciali e con una scorta inesistente, praticamente disarmato. Dopo centoventicinque giorni, venne assassinato.
I Kamikaze erano considerati con un rispetto profondo dal governo giapponese molto più di quanto le Istituzioni italiane abbiano fatto con il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Stefano Becciolini