Ho saputo di un altro suicidio. L’ennesimo. Non di covid, né per covid. Ma per carcerazione preventiva, condannati per non aver commesso il fatto. Per la sottrazione del lavoro e l’obliterazione dei modi concreti di vivere, la cesura delle relazioni, la delazione come prassi consolidata, il protorazzismo di chi si omologa, vile e felice di esser parte organica del problema. Certo, si tratta degli anelli “cosiddetti” deboli, si sente dire. Come fosse una giustificazione, come se questi morti fossero meno importanti di quelli per influenza. Tutto il mio disprezzo per considerazioni di questo genere. La solitudine del suicida è un cancro orribile.
In realtà penso che sia impossibile avere risposte sane a metodi di governo disfunzionali. Penso che la sofferenza psichica sia paradossalemente l’unica risposta sana a una gestione malata. E che il sano diventi fatale, è già una risposta in sé.
Nel bilancio finale, se mai fine sarà data all’artefatto titolato ‘”Era delle pandemie”, e la storia alfine disporrà dialetticamente un tribunale e un imputato, i fantasmi negletti di una società stupida e profondamente egoista, saranno lì a guardare, col vitalismo sulfureo di morti per negligenza e colpa grave, di fronte a vivi già decaduti verso forme di vita più basse, ogni giorno più giù.
Gioele Valenti