Editoriale di Stefano Becciolini
John Elkann, presidente di Stellantis, non si è presentato al Parlamento italiano mercoledì 30 ottobre per discutere le strategie industriali del gruppo.
Questa assenza ha suscitato forti reazioni da parte di diverse figure politiche, tra cui Elly Schlein e rappresentanti di Fratelli d’Italia. Elkann era stato invitato per fornire aggiornamenti e chiarimenti sul piano industriale di Stellantis in Italia. L’audizione mirava a ottenere spiegazioni sul futuro delle attività del gruppo automobilistico nel Paese, con particolare attenzione alla gestione della forza lavoro, alle strategie di investimento e ai timori di possibili licenziamenti e delocalizzazioni.
La richiesta di confronto era motivata da alcuni elementi. In primo luogo, Stellantis ha ricevuto negli anni significativi incentivi pubblici dall’Italia. Per questo, secondo alcuni parlamentari, è necessario un dialogo diretto per garantire che l’azienda mantenga il suo impegno nella produzione locale e nella salvaguardia dei posti di lavoro.
Stellantis è nata ufficialmente il 16 gennaio 2021 dalla fusione tra il gruppo italo-americano Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e la multinazionale francese PSA Group, che includeva marchi come Peugeot e Citroën. La sede principale si trova ad Amsterdam, e a oggi Stellantis è il quarto gruppo automobilistico al mondo per volumi di vendita, con un portafoglio di 14 marchi, tra cui Jeep, Fiat, Alfa Romeo, Maserati, Opel e Chrysler.
Infine, è importante ricordare che la fusione era in discussione già dal 2019, pochi mesi dopo la scomparsa di Sergio Marchionne, amministratore delegato di FCA, avvenuta nel luglio 2018. Un dettaglio rilevante è che questa fusione è stata supportata da un finanziamento di 6,3 miliardi di euro garantito dal governo Conte tramite SACE nella primavera del 2020, ed erogato da Intesa Sanpaolo.
Stefano Becciolini