Editoriale di Stefano Becciolini
Il recente arresto di Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram, avvenuto in Francia sabato 24 agosto, ha sollevato interrogativi sulle potenziali conseguenze per la piattaforma di messaggistica in Europa. Durov è stato arrestato in base a un mandato emesso dalle autorità francesi, che lo accusano di non aver impedito l’uso della sua piattaforma per attività criminali, tra cui terrorismo, traffico di droga e altri reati gravi. Questo sviluppo ha alimentato il dibattito sulla possibilità che Telegram venga chiuso nell’Unione Europea. Tuttavia, una tale misura sarebbe difficile da implementare e comporterebbe diverse complessità.
Una delle principali caratteristiche di Telegram è la sua struttura decentralizzata, che lo rende particolarmente resistente ai tentativi di censura. I server della piattaforma sono sparsi in vari paesi, il che complica notevolmente l’implementazione di un blocco a livello continentale. Anche se un singolo stato membro o l’UE nel suo complesso decidesse di vietare l’app, gli utenti potrebbero comunque accedere ai servizi di Telegram tramite strumenti come le VPN o altri metodi per aggirare le restrizioni. Questo rende una chiusura totale della piattaforma tecnicamente ardua e probabilmente inefficace nel lungo periodo.
Per chiudere Telegram nell’UE, sarebbe necessario un consenso legale tra tutti i paesi membri, un processo che potrebbe rivelarsi lungo e complesso. Le accuse contro Durov, per quanto serie, non rappresentano automaticamente una giustificazione per la chiusura dell’intera piattaforma. È probabile che qualsiasi azione di questo tipo richieda un lungo processo legale, durante il quale le implicazioni per la libertà di espressione e la privacy degli utenti sarebbero al centro del dibattito. Inoltre, un’azione così drastica potrebbe innescare una forte reazione negativa da parte del pubblico e delle organizzazioni per i diritti digitali, che vedrebbero in questa misura una forma di censura.
Piuttosto che chiudere Telegram, l’UE potrebbe optare per regolamentazioni più severe. Queste potrebbero includere l’imposizione di requisiti più rigidi per la moderazione dei contenuti o l’obbligo di maggiore collaborazione con le forze dell’ordine europee. Sanzioni o altre forme di pressione legale potrebbero essere utilizzate per costringere Telegram a conformarsi a queste nuove normative. Questa strada, sebbene complessa, sarebbe meno controversa rispetto a una chiusura totale e potrebbe risolvere alcune delle problematiche legate all’uso improprio della piattaforma.
La chiusura di Telegram nell’UE è una possibilità remota ma non del tutto esclusa, anche in base al DSG (Digital Service Act) .Tuttavia, le difficoltà tecniche e legali associate a una simile operazione rendono più probabile l’adozione di misure regolatorie piuttosto che una cessazione totale del servizio. La risposta dell’UE dipenderà molto dalle indagini in corso e dalle decisioni legali che verranno prese nei confronti di Durov. Nel frattempo, Telegram continuerà a operare, ma con la possibilità di dover affrontare restrizioni più severe in futuro.
Stefano Becciolini