Non sarà semplice spiegare le dinamiche che stanno dietro all’espressione “economia di guerra” usata da Mario Draghi, ma ci proverò.
Francia e Germania stanno collaborando allo sviluppo del Main Ground Combat System (MGCS), un innovativo sistema di combattimento terrestre destinato a rivoluzionare le capacità militari europee. Questo progetto rappresenta uno dei più importanti sforzi di difesa congiunta tra i due paesi, ed è stato ideato per sostituire i carri armati attuali, come il Leopard 2 tedesco e il Leclerc francese, entro il 2040.
Il MGCS non sarà semplicemente un miglioramento dei carri armati esistenti, ma introdurrà una serie di innovazioni all’avanguardia nel campo delle tecnologie di combattimento.
Una delle novità principali è l’integrazione dell’intelligenza artificiale e delle capacità robotiche, che permetteranno di operare con o senza equipaggio a bordo.
Un aspetto centrale dell’accordo tra Francia e Germania è la gestione equa del carico industriale, suddiviso al 50% tra i due paesi. Questa cooperazione coinvolge aziende chiave nel settore della difesa, come Rheinmetall per la Germania e Nexter per la Francia, sotto la supervisione dei ministeri della difesa di entrambi i paesi.
Il MGCS non è solo un avanzamento tecnologico, ma rappresenta un passo cruciale verso l’autonomia strategica europea.
L’accordo prevede anche la possibilità di estendere il progetto ad altri paesi europei, come l’Italia e la Polonia. Ma perché proprio questi due paesi? È semplice: la Polonia, o meglio il suo governo, è profondamente anti-russo ed è vista come un’estensione del Parlamento britannico.
E l’Italia, perché viene coinvolta in questo progetto?
In Italia, Rheinmetall MG è presente attraverso la sua controllata RWM Italia S.p.A., con sede a Ghedi, in provincia di Brescia, e uno stabilimento produttivo in Sardegna, a Domusnovas, nella provincia di Carbonia-Iglesias.
RWM Italia è specializzata principalmente nella produzione di munizioni e ordigni esplosivi per uso militare, come bombe aeree. Negli ultimi anni, l’azienda è stata al centro di diverse controversie per l’esportazione di armi verso paesi coinvolti in conflitti armati, in particolare in Medio Oriente.
Il sito di Domusnovas è particolarmente significativo per Rheinmetall, poiché ospita una delle principali linee di produzione di bombe aeree e supporta la capacità produttiva globale del gruppo nel settore della difesa.
Ora vediamo chi sono gli azionisti di Rheinmetall AG.
Si suddividono in investitori istituzionali, che detengono circa il 66% del capitale azionario. La maggior parte proviene dal Nord America (37%) ed Europa (21%), con una parte minore dal resto del mondo (8%). Il restante 23% è detenuto da azionisti privati, mentre un 11% delle azioni è classificato come altro, includendo piccoli investitori e partecipazioni minori.
Tra gli azionisti americani più rilevanti vi sono fondi di investimento come Capital Research & Management Co. Altri fondi statunitensi importanti includono BlackRock e Vanguard Group, due dei maggiori gestori patrimoniali al mondo, noti per le loro ampie quote di mercato in molte aziende globali.
Tra i principali investitori europei in Rheinmetall AG vi sono fondi di investimento e istituzioni finanziarie di grande rilevanza, come Allianz Global Investors, una delle maggiori società di gestione patrimoniale in Europa, con sede in Germania, e DWS Group, anch’essa tedesca. Infine, c’è Amundi Asset Management, la più grande società di gestione patrimoniale in Europa, con sede in Francia.
Alla luce di questo breve report, che potrebbe sembrare insignificante, scavando a fondo emergono collegamenti inquietanti. Mario Draghi ha recentemente commentato il ruolo dell’Europa nella difesa, sottolineando l’importanza di una “nuova economia di guerra”. In un rapporto preparato per la Commissione Europea, Draghi ha evidenziato come l’industria della difesa europea non sia competitiva a livello globale, a causa di investimenti insufficienti e della dipendenza dagli Stati Uniti per la fornitura di tecnologia e armamenti. Draghi ha insistito sul fatto che l’UE debba assumere maggiori responsabilità per la propria sicurezza, espandendo la capacità produttiva e semplificando l’accesso ai finanziamenti europei per le aziende della difesa.
In particolare, ha proposto la creazione di un’Autorità per l’industria della difesa europea, che coordinerebbe gli acquisti di armamenti tra gli Stati membri, rendendo più efficiente il processo di approvvigionamento a livello comunitario.
Una società che fonda il proprio futuro sulla guerra si lega a un destino in cui la pace rischia di diventare la sua più grande minaccia.
Stefano Becciolini