PALO BORSELLINO:ISTITUZIONI citate a GIUDIZIO

Nel contesto delle indagini sulla strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992, i figli del giudice Paolo Borsellino hanno citato la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno come responsabili civili del depistaggio avvenuto durante le indagini. Questo depistaggio coinvolge tre poliziotti – Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo – accusati di calunnia aggravata per aver manipolato il pentito Vincenzo Scarantino affinché incolpasse persone innocenti, risultando in condanne ingiuste per diverse persone.

Gli avvocati dei Borsellino chiedono un risarcimento di 50 milioni di euro per i danni subiti a causa delle condanne ingiuste derivanti dal depistaggio. La Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’Interno sono citati come enti responsabili civili, dato che i poliziotti coinvolti erano dipendenti del Viminale.

Venerdì prossimo, 19 luglio, cade il ventiduesimo anniversario della strage in cui il giudice antimafia Paolo Borsellino fu assassinato in un attentato a Palermo, in via D’Amelio. Un’autobomba esplose mentre Borsellino visitava sua madre, uccidendo lui e cinque agenti della sua scorta. L’attentato è attribuito a Cosa Nostra.

Un elemento cruciale del mistero che circonda questo attentato è la scomparsa dell’agenda rossa del giudice Borsellino. Questa agenda, in cui Borsellino annotava dettagli delle sue indagini e riflessioni personali, fu vista per l’ultima volta nelle mani del giudice poco prima dell’esplosione. Nonostante le ricerche, l’agenda non è mai stata ritrovata, alimentando sospetti su un coinvolgimento di entità esterne nel depistaggio delle indagini e sulla possibilità che contenesse informazioni compromettenti per certi ambienti istituzionali e mafiosi.
Stefano Becciolini

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